Ai margini… Lettera di un paziente

Con il consenso di S. C. abbiamo deciso di pubblicare questa lettera che descrive e rappresenta il malessere che una persona può sperimentare nel momento in cui gli eventi della vita ci mettono a dura prova.

Sono diventato matto.

Eh già….

Quando pensavo che fossero tutte cazzate, ecco che ci cado. Sai no? La depressione, la tristezza, la solitudine… Tutte puttanate che capitano a dei sempliciotti, persone che probabilmente non hanno spina dorsale e gli piace cullarsi in scusanti per non fare nulla ed avere delle giustificazioni.

E invece…?

E invece mi sono rovinato la vita.

Sono caduto con tutte le scarpe in questa trappola mentale e maledico qualunque tipo di dio esistente e non per averlo capito solo quando ho perso una parte di me.

Solo quando ho perso lei.

Spesso si va troppo veloci in un questo mondo, mi ricorda quando ero piccolo in macchina con mio padre che sfrecciava a tutta velocità. Io stavo spesso dietro ed appoggiavo mento e naso al finestrino, divertendomi ad appannarmi la vista con il respiro.

Andavano troppo veloci e mi perdevo ogni dettaglio, riuscivo a malapena a guardare il contorno, il contesto, che spesso era solo figure deformate che mi ricordavano qualcosa di già visto.

Il mondo, specie quelli dei grandi, va esattamente cosi.

La vita è quella macchina veloce e noi tutti siamo quel bambino dietro. Incapace di distinguere le cose, di vedere le sfumature o anche solo fermarci un po’.

Probabilmente così è iniziato. Più che il bambino allora potrei essere un cartello o un’uscita dell’autostrada, sta di fatto che “non ero visto”… Anzi per usare un linguaggio automobilistico ero un’uscita “saltata” o “persa”.

Nonostante cercavo di essere il più chiaro possibile, bello grande, blu e bianco e catarifrangente mi saltavano.

Tutti…

Gruppo di amici, la famigliola in vacanza, il vecchietto o la ragazza solitaria.

Anzi la ragazza solitaria si era fermata eccome.

Ho provato in questo ultimo periodo a valere qualcosa, ad essere riconosciuto. Come se fossi un paesino bellissimo ed interessantissimo, cercavo di farmi pubblicità, di fare marketing… Che poi alla fine si tratta di due cose: mostrarsi o essere necessari.

Ho provato ad essere necessario senza risultati, anzi spesso era come se non avessi nulla, ed anche il mostrarsi non ha avuto grandi riscontri. Probabilmente ero stato depennato dalla cartina geografica.

E come ogni paesino che si rispetti, inizia a morire lentamente. Le persone se ne vanno, cercavano la fortuna o di farsi una vita altrove, e tu vali sempre di meno. Le tue qualità, le tue risorse, vanno a scarseggiare sempre di più ed è così che tutto inizia se non reagisci capendo in tempo tutto.

Arrivi anche a pensare che forse sarebbe giusto che all’incrocio per venire in quel paesino ci debba essere un mega incidente, per far clamore, per far notizia.

Tipo “novi ligure”, voi per che cosa la ricordate? Oppure “erba”? Vedete? Forse non è così sbagliato concettualmente… Ma per quel poco che mi è rimasto, moralmente non ci sarei mai riuscito. Non avrei mai il coraggio per sbandare.

Allora sanguini.

Fino al punto che distruggi tutto, fino a quando non ce la fai più, che cerchi disperatamento qualcosa, anche al di fuori, per sentirti di valere qualcosa.

Tipo organizzi una festa!

Ma la festa è un flop, non sei nemmeno capace a farle, sei un paesino tranquillo, con dei principi, sani valori… Non è roba tua, ma ormai il danno è fatto.

Le persone, le poche che rimangono lì, ti criticheranno per tutto, ti odieranno, di denigreranno. Si dimenticheranno presto di quanto fosse semplice e piacevole la vita da te… Penseranno solo ai tuoi errori, magari anche turisti capitato solo nel momento più sbagliato in assoluto. Senza rendersi conto che poi, puntando il dito, continuano inesorabilmente ad alimentare quel processo di distruzione, di sgretolamento.

Ormai tutto ha quasi toccato il fondo… Sono ben poche le cose che puoi fare. Il malessere potrebbe essere strumento per affogare o risalire…

Io sono risalito, ma a caro prezzo.

Perché nonostante gli snob, quelli della città non volevano abitare da me… C’era chi invece voleva proprio quello, cercava quella tranquillità e semplicità… Quella ragazza solitaria aveva preso casa e stava bene.

Peccato che l’hai capito solo quando le hai distrutto le fondamenta di casa per pensare ad essere visto.

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