Agorafobia

Quando la persona ha sperimentato per la prima volta un episodio di attacco di panico, molto spesso durante le fasi iniziali di questa esperienza estremamente dolorosa, inizia ad evitare tutte quelle situazioni in cui pensa che si possa ripresentare l’attacco (evitamento agorafobico). Con il passare del tempo le situazioni da evitare aumentano progressivamente a tutti gli ambienti personali, lavorativi, sociali e la persona esce sempre più raramente da casa. In questo modo viene condizionata significativamente la qualità di vita dell’individuo.

Spesso la persona agorafobica evita quei luoghi dove è difficile fuggire, per esempio al cinema molto probabilmente sceglie di sedersi nei posti laterali vicino alle uscite. La vergogna di sembrare agli occhi degli altri una persona disturbata oppure farsi vedere agitata, lo terrorizza profondamente. Le persone che soffrono di questo disturbo evitano attività fisica, bere caffè, fare l’amore ecc, per evitare che queste attività possono suscitare l’emergere dei sintomi fisici legati al ricordo traumatico del primo attacco di panico e/o agli attacchi avuti precedentemente.

Pertanto numerose evidenze cliniche, sostengono che seppur la causa principale di mantenimento ed esacerbazione del disturbo agorafobico, siano riconducibili a condotte comportamentali di evitamento, è altrettanto importante considerare la componente cognitiva. Infatti questa dimensione dell’essere umano, assume un ruolo cruciale relativo alle ragioni alla base dello sviluppo del comportamento evitante. In particolare sono stati riscontrati molteplici fattori cognitivi predittivi all’evitamento agorafobico. Ad esempio la presenza di aspettative che ha la persona nei confronti dei propri tentativi di successo o fallimento e gli esiti catastrofici del panico e la convinzione di non riuscire a tollerare i sintomi del panico. Infatti, frequentemente i pazienti tendono ad associare questo evitamento pervasivo all’aspettativa di paure situazionali e alle conseguenze sociali negative, associando alla presenza della percezione di un legame tra una determinata situazione e un attacco di panico. Questi fattori cognitivi, riducono drasticamente la percezione di essere in grado di far fronte a futuri attacchi di panico, rafforzando il comportamento di evitamento.

La psicoterapia cognitivo comportamentale aiuta le persone a promuovere strategie di adattamento e la conseguente capacità di far fronte alla situazione con successo, in modo che essi diventino più consapevoli di poter gestire il panico in determinate situazioni sociali e situazionali. Il trattamento dovrà modificare convinzioni catastrofiche e disfunzionali, valutando attentamente e attivamente ogni pensiero disturbante e maladattivo, con l’obiettivo di modificare lo scarso senso di autoefficacia della persona, ed aumentare la percezione della capacità di poter gestire gli attacchi di panico. Nel corso del trattamento il paziente cambia e cresce nella direzione di una maggiore autonomia e autosufficienza, con notevoli miglioramenti se non la remissione completa del disturbo.

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